La mia recensione a “Dove le strade non hanno nome” di Fabio Monteduro

51Zp0763GWL._Caro Visitatore,

oggi ti presento Dove le strade non hanno nome, un romanzo di Fabio Monteduro, che ho avuto la possibilità di leggere in cartaceo e commentare.  Si tratta di un genere fantascientifico, un campo nuovo per Monteduro che si è sempre cimentato in romanzi horror e thriller. La storia, come sempre, te la lascio scoprire attraverso la sinossi, concentrandomi sui  punti di forza e debolezza del romanzo.

Il primo punto di forza sono le cognizioni da cui è nato questo romanzo.

Ci sono dei misteri, che appartengono al nostro passato o meglio al passato dell’umanità e che risultano attualmente inspiegabili.

Fabio ne cita uno dopo l’altro nel libro, adducendo la sua teoria, quella che guida tutto il romanzo e che un anno fa avremmo potuto comodamente associare alla fatidica data del 21/12/2012.

Monteduro ha richiamato alla mente tutti questi misteri, si è informato su di essi e vi ha costruito attorno una storia di fantasia. Come lettore, potrai scoprire questi fatti inspiegabili grazie all’autore, indagare, qualora ne avessi voglia, e farti una tua idea.

Per quanto mi riguarda erano misteri che non conoscevo e che hanno catturato il mio interesse e le foto abilmente inserite da Monteduro hanno certamente aiutato in tal senso, come pure le sue spiegazioni dialogate, semplici e scorrevoli.

Avrei preferito però che avesse distribuito questi fatti inspiegabili nel corso del testo, senza metterli uno dietro l’altro nei primi capitoli 😉 In questo modo sarei rimasto a bocca aperta più volte e non una sola 😉

La storia è coinvolgente, ma ho avuto la sensazione di una stonatura rispetto a come è scritta. È una sensazione particolare: ho trovato il modo di scrivere di Fabio estremamente rilassante e piacevole. Aprire il libro ha significato lasciarsi accompagnare dalle sue parole. Il lato negativo di questa sensazione è che perde un po’ la suspance del narrato e l’aumento adrenalinico… viene da chiedersi se sia questo lo stile di Monteduro, nonostante sia autore di thriller e horror o se il cambio di genere abbia comportato una modifica del suo scrivere.

Come rispondermi? Ovviamente, prendendo uno dei thriller pubblicati da Fabio e verificare. Anche perché, se mi rilassa un fantascientifico va pure bene, se mi dovesse fare questo effetto un suo thriller… ehm… vabbé, ci siamo capiti 😉

Ti saprò dire non appena leggerò qualche suo altro testo, ma è anche vero che in giro nella rete si parla bene dei suoi romanzi thriller e horror (ho fatto una ricerca per scegliere un altro libro, optando per Jodi).

cop (1)La trama è ben costruita, mi piace molto il cambio dei punti  di vista nella visione della stessa vicenda, vissuta così dagli USA e da più parti dell’Europa da personaggi protagonisti sempre maschili, singoli o accompagnati  da una donna. Ogni personaggio si ritrova di fronte a una scelta: accettare di lasciare il pianeta o di restare e rischiare la morte. In ogni caso il bivio rivela che si è di fronte alla fine del mondo così come lo si è conosciuto.

A fronte di una simile catastrofe, l’uomo ripensa alla sua umanità. Belle le riflessioni sulla filosofia e sul senso della vita, sull’uomo e sulla religione che fa Monteduro, ma non aspettarti la presenza di uno shock emotivo degli stessi personaggi.

C’è una fine del mondo in atto, ma Monteduro fa mantenere i nervi saldi ai suoi personaggi, curando poco le emozioni. Ha scelto la fredda razionalità a fronte del coinvolgimento emotivo, sarà forse per questo che i suoi protagonisti sono tutti maschi? 😉

Personalmente apprezzo molto i romanzi dove la componente emotiva è maggiormente curata. Aiuta a provare simpatia per i personaggi, nella sua accezione più antica: dal greco sun patheia, “patire con”, “provare assieme a”. Quando essa è poco tratteggiata, si crea una dissonanza emotiva tra ciò che il lettore immagina di provare in quella data situazione e quello il sentire dei personaggi.

Nel caso del romanzo di Monteduro: tra il grado di emozione e sconvolgimento provati dai protagonisti e ciò che prova il lettore.

La trama in sé mi è ben congeniata e lineare, tale da rendere il romanzo di piacevole lettura. Ho anche qui solo un paio di appunti. Il primo è che l’arrivo dei monoliti alieni è forse un po’ troppo simile alla celebre scena di Indipendence Day, quanto meno per i luoghi di apparizione scelti e per la contemporaneità dell’apparizione. Naturalmente do atto che è difficile descrivere un invasione aliena, senza ricordare un film così famoso.

Il secondo appunto è che ho trovato più ricca tutta la parte di attesa della data del 21/12/2012 e di introduzione della vita di ogni personaggio che lo svolgimento dell’arrivo degli alieni e della risoluzione della vicenda. Non manca nulla alla comprensione del testo, sia chiaro, ma mi sarebbe piaciuta qualche pagina in meno nel pre-arrivo e qualche pagina in più nel post.

Tant’è che il momento centrale di tutto il romanzo, l’arrivo, avviene quando già si è superata la metà del testo.

Il finale? Esattamente quello che avrei dato io 😉

Nota di lode da sottolineare: la colonna sonora del film, che tra citazioni e richiami accompagna idealmente il lettore. Ovviamente il genere è rock! Il nome stesso del testo è tratto da una canzone degli U2.

Ottima scelta, ho cercato i brani riportati, scoprendo alcuni gruppi che non conoscevo 🙂 Apprendere fa sempre bene 😉

Da ultimo, ho molto apprezzato la comicità in stile americano e lo stile cinematografico che in alcuni tratti del testo Fabio dimostra di possedere: la scena è tutta lì davanti agli occhi, tracciata dalle righe della storia. Il lettore non deve far altro che osservarla. Non sarà Indipendence Day, come ho detto, ma vale davvero la pena leggerlo.

GGB

La mia radiointervista a Federico Ermolli, autore di “Woodwaves, magnifiche ossessioni”

10Caro Visitatore,

in questa puntata ho messo tutto me stesso, cercando di coniare adeguatamente immagini, suoni e voce, per rendere l’idea della spettacolarità del testo di Federico Ermolli, autore di Woodwaves, magnifiche ossessioni.

Il racconto di uno sport da adrenalina pura, sulle Woodwaves, le onde di legno, rampe altissime su cui Federico e il suo team si esibiscono in acrobazie da brivido. Una pratica che richiede impegno, attenzione, dedizione e tanto allenamento, che ha caratterizzato tutta la vita di Federico, tra le altezze della sua carriera e le  vertiginose cadute.

Uno sport che ha tanto da insegnare, che per Federico è diventata una vera e propria ossessione (e non passione, come sentirai nell’intervista).

Ti consiglio assolutamente l’ascolto di questa puntata, che trasuda di emozioni, quelle dell’autore, che riesce a comunicare con grande efficacia.

Come sentirai, ho posto pochissime domande, lasciando che fosse lui a raccontarsi e a raccontare il suo libro. Io mi sono messo in ascolto, lasciandomi trasportare dalle immagini spettacolari che le sue parole hanno suscitato nella mia mente.

Troverai tanto: passione, dedizione, emozione e una critica forte agli sport attuali, che incentivano la competizione e non la cooperazione. Sui rollerblade non si vince e non si perde: come ti spiegherà Federico Ermolli, la vera sfida è con te stesso. 😉

Buon ascolto, con la settima puntata di Crisalide, disponibile anche su Radiovortice.it!

Ah, Federico Ermolli è anche un musicista, è stato intervistato anche da Valeria per il programma di Radiovortice My Music Generation, non perdertelo 😉

GGB 

La mia recensione a “Prima che cali il silenzio”, di Laura Scanu

copCaro Visitatore,

La scrittrice Giovanna Albi mi ha insegnato un detto, un libro che ti lascia come ti ha trovato non è un libro. Modificando leggermente questo detto, possiamo dire che un libro che ti apre varie riflessioni è un ottimo libro.

Ed è così che si presenta Prima che cali il silenzio, romanzo breve di Laura Scanu. La tematica, così come la pre e post fazione, a cura rispettivamente della dott.ssa Anna Maria Pilozzi, dell’associazione la Caramella buona e di Annabella Stella Buonocore, è quanto mai interessante. Si tratta di un caso di pedofilia.

La novità è nel punto di vista della narrazione, perché l’autrice si cala nei panni del pedofilo, per poi passare in quelli della moglie e della loro figlia (che si intuisce essere una delle vittime degli abusi).

Una visione a 360 gradi, che non si espone a condanne né vittimizza o giustifica il carnefice, che narra i fatti, colpevolizzando quel drago interiore (figura tratta da un preciso e apprezzabile riferimento biblico al libro dell’Apocalisse) che scatena il desiderio malato di possedere delle minorenni, che ancora non hanno raggiunto la pubertà.

Il testo è di facile lettura, breve e intenso, con un linguaggio accurato (anche se andrebbe rivista in alcun punti la spaziatura tra i virgolettati dei dialoghi).

Laura Scanu ha il pregio di consegnare al lettore un prodotto di estrema riflessione e di farlo in pochissime pagine, con una modalità che ricorda una poesia in prosa.

Gli accostamenti biblici con il drago dell’Apocalisse sono di vero pregio, creando una metafora del male davvero forte e di alto livello culturale. Non è facile vestire i panni di un pedofilo che parla di sé e non lo è provare a farli indossare al lettore.

Laura dimostra una grande capacità di impersonificazione in un diverso da lei, che viene tratteggiato dal senso comune come il male assoluto, che è di sesso maschile, che è un sofferente, che è condannato, giustamente, dalla società.

Laura Scanu non condanna né giustifica e non richiede al lettore nessuna delle due cose. Chiede di prendere contatto con il pedofilo, ascoltarlo, capire a fondo la sofferenza di un disturbo sessuale che ha come vittime i bambini ma anche sé stesso. Chiede di ascoltare i familiari del pedofilo, chiede di ascoltare la vittima. Il giudizio è lasciato al lettore, ma di certo le prospettive che Laura offre in poche pagine sono ottime e indubbio è il suo talento, palpabile nelle righe che ti scorrono uno dietro l’altra sotto gli occhi.

E’ un uomo qualunque il protagonista della vicenda, ha una casa, un lavoro, una figlia. Questa situazione di apparente normalità è richiamata nella postfazione di Annabella Stella Buonocore, perché il pericolo per le giovani vittime e le loro famiglie nasce proprio dal fatto che il pedofilo ha in genere una vita normalissima. Non ha tratti distintivi, segni di riconoscimento, spesso è il vicino di casa, il genitore del compagno di banco del figlio. Spesso vive all’interno della stessa famiglia della vittima.

A completamento dell’opera, nella postfazione sono brevemente riportati dei dati sulla pedofilia e sulle normative vigenti a livello nazionale e internazionale.

C’è però una mancanza, che da psicologo della salute non riesco a ignorare. È un’assenza che leggo anche nel nostro Paese: non è fatto cenno a come si possa prevenire la pedofilia. Non si tratta solo di prevenire il reato, di riconoscere unicamente i casi a rischio o “il potenziale pedofilo”: spesso si etichetta il colpevole come pedofilo e il bambino come vittima, quando è troppo tardi, quando l’abuso si è già drammaticamente in toto o in parte consumato. Più rari i casi in cui ci si accorge in tempo della  possibilità di un reato e, se lì si è salvato il bambino dall’essere vittima, si ha comunque un pedofilo.

La prevenzione a cui mi riferisco è a monte, impedire l’insorgere di questo disturbo che appartiene sì alla sfera sessuale, ma a mio avviso anche a quella sociale. Che lavoro si può fare a livello di prevenzione della patologia? Quanto sarebbe bene riuscire a operare tramite l’educazione alla socio-affettività nei contesti scolastici di vario ordine e grado, che come sappiamo pensano tanto alla ragione e poco e niente alle emozioni, alla socievolezza, all’affettività propria e altrui?

Quante vittime di questa patologia salveremmo se insegnassimo come comprendere cosa pensa e prova l’altro e cosa pensiamo e proviamo noi stessi?

Quando in Italia impareremo il valore della prevenzione, a discapito della mera cura?

Si sarà capito che sono palesemente contrario alla soluzione della castrazione chimica, promossa da qualche esponente politico e da qualche cittadino, rimasto probabilmente a un livello intellettivo ed emotivo di tradizione medioevale. Sono per la prevenzione, che implica un ragionamento sulla società, sui minori e anche sul pedofilo (e Laura mi dona in tal senso un’ottima finestra di osservazione).

Spero di scrivere qualcosa di più approfondito in merito a questo argomento, aspettando un’opinione, anche in privato, di chi leggerà questa recensione e ovviamente di Laura Scanu, a cui vanno tutti i miei complimenti per questo ottimo testo.

GGB

Speciale Crisalide: “Quel che resta”, di Francesco Casali

quello_che_resta_francesco_casali_big (1)Caro Visitatore,

in questa puntata speciale di Crisalide ti parlerò del secondo libro di Francesco Casali, Quel che resta, legato al primo testo, Niente da nascondere, che avevo già commentato tempo fa, in un primo speciale di Crisalide.

In questa puntata completerò le mie osservazioni sul testo. Chissà se provocherà discussioni e dibattiti 🙂

La puntata rientra tra gli speciali, perché come la scorsa puntata non si tratta di un’intervista ma di un mero commento al testo.

Consigliato leggere i testi e ascoltare le puntate nell’ordine di pubblicazione 😉

Ringrazio Francesco per avermi inviato il testo, appena è stato pubblicato dalla sua casa editrice.

Non ti scrivo altro, perché quel che penso l’ho registrato nella puntata, disponibile anche sul sito di Radiovortice.it 😀

Buon ascolto!

GGB

Selvaggia premiata a Cinisello Balsamo (MI)

DSCI1780Caro Visitatore,

oggi condivido con te il racconto della mia esperienza a Cinisello Balsamo (MI), dove ho ritirato il primo premio vinto dal mio romanzo Selvaggia, i Chiaroscuri di Personalità.

Ho partecipato alla terza edizione del Concorso internazionale di Prosa e Poesia, bandito dall’associazione La Finestra Eterea, aggiudicandomi la prima posizione.

Sono partito alle 8:30 di mattina dall’aeroporto di Roma Ciampino, il che ha comportato una sveglia alle 5:30 e una grossa dormita in aereo, sospesa dall’atterraggio brusco, con tanto di rimbalzo…

Atterrato a Bergamo, un comodo pullman mi ha portato alla stazione centrale di Milano (un’altra ora di sonno…)

Ho contattato gli organizzatori per capire come arrivare dal capoluogo a Cinisello, scoprendo che la mia ottima pianificazione del viaggio aveva fatto sì che l’ostello stesse proprio sulla strada per arrivare a Cinisello… Avrai capito che l’ottima organizzazione è sinonimo di un gran c… ehm! Una gran fortuna! 😀

Veloce passaggio in ostello per scoprire che a fino alle 12  non si ammettevano check in (per fortuna l’uso del bagno sì!), e via per Cinisello Balsamo… Non saprei dire che strada ho fatto con metro e pullman, ma non per aver dormito ancora, per aver letto, cosa che mi astrae dalla realtà anche più delle palpebre chiuse.

La prima cosa che ho scoperto è perché la cittadina si chiami Cinisello Balsamo… E’ uno dei luoghi più puliti  che abbia mai visto! Non una carta per terra, non un mozzicone di sigaretta, tutto pulito e ordinato. Un solo handicap… avessi trovato mezzo internet point per mettere
on line la puntata di Radiovortice di quel sabato… ^^’

Dopo un giro in città e un buon caffè, sono arrivato a Villa Ghirlanda, dove erano in corso gli ultimi preparativi della cerimonia, nella Sala dei paesaggi. Appena sono entrato, la prima impressione è stata: “Mi sono sbagliato, troppo sfarzo…”

DSCI1763Ma era lì…
Ho avuto il piacere di conoscere Rosario Medaglia, Zuzana Holubeikova e altri membri della giuria. Il loro primo dialogo è stato: “Complimenti, il suo libro ci ha estasiati”

Avevo voglia di chiedere: “Sicuri? Proprio quello che è esposto lì, quello che inizia per esse, non c’è proprio, proprio nessun errore? Cioè, insomma, addirittura estasiare… Stiamo davvero parlando di me?”
Mi sono limitato a un ringraziamento imbarazzato e mi sono seduto a metà sala.

Quando è iniziata la cerimonia, con lo stato della situazione sociale italiana e con le prime premiazioni, ho aspettato fermo il mio turno, ascoltando i premi e le motivazioni addotte.

Venivano premiate la poesia, la prosa e le arti figurative. C’erano 4 tipologie di premi:
Diploma e medaglia per le segnalazioni.

Una piccola coppa(grande come il palmo della mano) per terzi classificati

Una coppa media e diploma per i secondi.

Un coppa grande con diploma per i terzi.

Al mio turno, l’emozione è stata incredibile, il cuore è balzato in gola, grazie anche alle parole di Rosario Medaglia che hanno accompagnato il mio turno: “Un libro che ci ha deliziato”

Quando, con un’improvvisa paralisi, ho ascoltato le motivazioni del premio, quasi non credevo che stessero parlando di me.

L’autore, Giovanni Garufi Bozza, è riuscito nel suo scritto a realizzare in pieno gli intenti che si era prefissato, a presentare diverse personalità all’interno di uno stesso essere, spesso in contrapposizione le une alle altre, fino a stridere e a sviluppare reazioni incontrollate, ma anche ad aiutare le stesse a condurre quelle analisi dell’animo e comportamentali, sfocianti nel desiderio della rinascita, attraverso l’eliminazione di quelle ingombranti, nate in momenti particolari, che avevano trovato la persona indebolita per eventi drammatici e catastrofici, e quindi senza difese.

Il testo presenta le dinamiche e gli accorgimenti per evitare ritardi e sovraccarichi nelle svolte da un argomento all’altro e di sapere restare su altri il tempo utile per approfondirli.

Lodevole è il senso di responsabilità, l’amicizia, il non arrendersi che trapela in ogni rigo, con la costanza, il coraggio e l’amore rappresentante la gioventù, attraverso l’azione del personaggio Daniel, che ne segue le fasi.

Rosario Medaglia

1380350_10201526340754018_1067218500_nHo preso, sempre rigido come una salma, la mia coppa e il mio diploma, ho stretto le mani della giuria e sono andato al mio posto, realizzando finalmente di aver vinto il primo premio.

Sono rimasto fino alla fine della premiazione, ho ringraziato e salutato la giuria con una  promessa: attendono il secondo libro (che tra parentesi è pronto e deve solo essere pubblicato… farò in tempo per il prossimo anno?). Un’altra dose di complimenti reciproci per libro e per l’organizzazione perfetta del concorso e sono tornato a Milano.

Il bello della rete è che ci connette con persone di diverse città, il bello dell’essere prosociali è di avere volontà di incrementare la conoscenza con l’altro con il non verbale, incontrandosi di persona. Il mio volo sarebbe partito solo il giorno dopo, di pomeriggio, perché dunque non approfittare per incontrare qualche scrittore di Milano?

La sera è stata in compagnia di Erika Corvo, conosciuta grazie all’intervista per Radiovortice. Avremmo potuto scrivere un libro su “come passare il sabato sera a tenersi gli addominali per le risate”.

Una persona stupenda, di una simpatia e di una semplicità disarmante. Abbiamo  cenato assieme alla figlia e a un loro vicino di casa, per poi andare a passeggiare dentro un  parco immenso, il Parco delle Cave, pieno di laghi e, data l’ora, di buio.

La sera, tornato all’ostello, ho finalmente preso possesso del mio letto, conoscendo i miei compagni di stanza, tutti ragazzi in viaggio di diversa nazionalità.

Ecco perché amo gli ostelli, permettono di conoscere giovani di diversi Paesi, di aprire le porte della mia cultura allo scambio. C’era uno spagnolo in vacanza, disperato perché non conosceva ne l’inglese né l’italiano, e comunicare per lui era molto difficoltoso, nonostante
alcune somiglianze delle rispettive lingue; un argentino in viaggio per un mese,  per le diverse città d’Europa (beato lui!); un giovane serbo che parlava perfettamente inglese e che studiava informatica.

Parlottando per un’ora con lui, ho ricevuto eccellenti suggerimenti per rendere più agile e funzionale il blog. Appena avrò modo, li applicherò e vedremo gli effetti 😉

Il giorno dopo, dopo un bel giro per il centro di Milano, ho incontrato un altro autore, conosciuto on line all’epoca in cui il mio romanzo era edito sul miolibro.it, Andrea Panza, di cui ho letto In Corsivo.

Di fronte ad un dolce spettacolare, mi ha parlato di una sua nuova pubblicazione, La sindrome, il cui argomento centrale è il narcisismo. Sarà presto tra le mie mani 🙂

E’ stata un’esperienza divertente, che mi ha dato la possibilità di vivere la vincita del premio, di rivedere Milano e di conoscere di persona due bravi autori.

L’emozione più grande? Prendere consapevolezza di quanti passi mi stia facendo fare questo romanzo. E’ come vedere una (o due?) figlia crescere, camminare con le sue gambe, condurti lontano e riempirti di soddisfazioni.

GGB

La mia recensione a “La vendetta è un gusto”, di Giancarlo Ibba

51wJwJtFLnL._AA258_PIkin4,BottomRight,-29,22_AA280_SH20_OU29_Caro Visitatore,

oggi ti presento un thriller breve e divertente, nato dalla penna di Giancarlo Ibba, che mi ha contattato per una recensione. Sto parlando de La vendetta è un gusto, edito da Edizioni Esordienti.

L’ho avuto in e-book e questa è la sinossi: In una Cagliari invernale e cupa, un professore universitario viene ritrovato sezionato in settantasei pezzi, nel suo appartamento, ma questo è solo il primo di una serie di misteriosi, efferati delitti.
Perché tutto ciò? Chi mai può essere capace di tanta violenza? E, soprattutto, con quali motivazioni? I protagonisti della storia sono degli studenti universitari come tanti, come il protagonista, Lorenzo, i suoi compagni di appartamento, la sua ragazza July, che convive con l’amica Betta, e Stella, grande amica e compagna di Lorenzo alla Facoltà di Scienze Naturali. Ragazzi assolutamente normali, e pure ordinaria e banale è la Facoltà che frequentano, affollata di animali impagliati e scaffali con barattoli pieni di liquido in cui si conservano repellenti cadaverini traslucidi e mollicci, sale buie e un po’ tetre, un grande Acquario debolmente illuminato in cui nuotano pigramente cernie e murene. Ma, anche nella tranquilla quotidianità, follia e desiderio di vendetta sono pulsioni sempre in agguato nel più profondo della mente umana e pronte a esplodere, basta il giusto innesco…

Grazie alla brevità del testo e alla bravura di Giancarlo, sono riuscito a leggerlo in pochi giorni, complice anche il coinvolgimento che la storia trasmette, che più va avanti, più stimola la lettura, facendo salire l’adrenalina nelle pagine conclusive.

Come sempre, spenderò poche righe per la trama: un bel testo va letto, non c’è niente da fare. Il mio compito, essendomi piaciuto il romanzo, è incuriosirti. Ti dirò dunque che è scritto in prima persona, cosa inusuale e apprezzabile per un thriller, perché ti porta a stare accanto al protagonista narrante, con un bel balzo adrenalinico.

È la storia di Lorenzo, giovane studente universitario fuorisede, che in poche ore si ritroverà il tanto odiato professore fatto a pezzi dentro la facoltà e la ragazza tanto amata a letto con la migliore amica, in un rapporto saffico che lascia poco all’immaginazione. Due pugni allo stomaco niente male per il povero Lorenzo, che correrà a sfogarsi dall’amica di sempre, Stella. Non accadendo nulla per caso, ovviamente, i cadaveri che Lorenzo scoprirà aumenteranno e la verità verrà presto a bussargli alle spalle (o meglio a colpirlo con una grossa mazza sul collo).

Ho ridotto volutamente la trama all’osso, perché non è esattamente quella che conta (e poi rischierei di svelarti troppo!): è importante invece sottolineare che La vendetta è un gusto è un thriller che emerge pagina dopo pagina, fino a diventare al cardiopalma nelle battute finali. Dò atto a Giancarlo di aver scritto davvero un bel testo e lodo la sua capacità di sintesi: inizialmente ero quasi stupito che tutta la storia si potesse risolvere in poco più di 120 pagine. E, sebbene il macabro killer venga svelato in breve tempo, il romanzo è completo, non mancando di nulla. C’è persino lo spazio per le spiegazioni finali, quei piccoli dettagli, densi di significato, che completano il puzzle e danno succulenti (scoprirai che uso questo aggettivo con un bel po’ di cinismo) retroscena.

Lo sfondo della storia è la Sardegna, anche se per capirlo l’autore ti fa penare un po’, non dando coordinate spaziali precise dall’inizio del romanzo. Mirabili sono le citazioni ad inizio capitolo e durante lo svolgersi della trama: che siano letterarie o musicali, sono di indubbio gusto. E Giancarlo sembra tenerci molto alle citazioni, inserendole ovunque, talvolta forse eccedendo: quelle che contornano la paralisi di Lorenzo di fronte al corpo maciullato del suo professore, francamente, rovinano un po’ la suspance.

E visto che mi sono immerso in una piccola chiosa sui “punti deboli che ho trovato del romanzo”, aggiungo anche che citare anche Beautiful e Baywatch come altri stralci della programmazione Mediaset, cozza un po’ con le restanti citazioni del romanzo, che come ho detto sono di livello. Okay, stiamo parlando di universitari degli anni ’90 (c’è ancora la lira), okay erano due programmi forse in voga  ma… mi hanno lasciato parecchio perplesso…

Mirabile il rapporto tra Lorenzo e Stella, che mi ha ricordato un po’ i dialoghi tra i protagonisti del mio romanzo Selvaggia, i Chiaroscuri di Personalità. La figura di Stella è molto enigmatica, difficile all’inizio da sviscerare, ma mi ha ricordato molto Selvaggia. Se mai Giancarlo leggerà il mio romanzo, potremo divertirci a metterle a confronto. Il pregio di Giancarlo è di riuscire a rendere bene la sua figura: una ragazza non bellissima, come spesso sottolinea, ma talmente affascinante nel suo modo di porsi e di parlare da renderla per certi versi persino erotica. E non è facile rendere perfettamente l’idea di un personaggio solo attraverso il suo comportamento.

Altro pregio del romanzo è intrecciare due storie assieme: la vita di Lorenzo e il suo sconvolgimento. Lorenzo mi piace, è divertente e spassoso, con la giusta dose di cinismo. Nonostante la trama si apra con un omicidio e si capisca da subito che si tratta di un thriller, il lettore viene talmente distratto dalla vita ordinaria di Lorenzo, da rimanere sconvolto assieme a lui dalla violenza sentimentale e omicida che improvvisamente investe la sua vita. Da lì una valanga di colpi di scena e l’adrenalina che va alle stelle.

Ultima nota, a latere, dopo averti consigliato la lettura, caro Visitatore: troverai le cause della brutalità di questi omicidi, ma saranno solo moventi, non motivazioni logiche che giustifichino tutta la follia che viene descritta. Non so se Giancarlo non sia riuscito a spiegarle o se volutamente non l’abbia fatto, ma sicuramente è apprezzabile il risultato di questa assenza di motivazione reale: sei tu, da lettore, che ti ritrovi a cercare il senso, una volta chiuso il libro.

Io ho trovato la seguente, sarò curioso di sentire la tua. Siamo tutti potenziali folli, ciò che differenzia chi lo resta in potenza da chi lo diviene in atto, è nella misura e nella modalità con cui ci hanno realmente insegnato a gestire le nostre emozioni. Chi leggerà, capirà. 😉

GGB

La mia radiointervista a Patrizia Fortunati, autrice di “Marmellata di prugne”

9788862541305 (1)Caro Visitatore,

quella che sto per presentarti è un’intervista a cui tengo molto. Ospite di Crisalide è stata Patrizia Fortunati. Se hai seguito questo blog lunedì, avrai letto la recensione che ho pubblicato per il suo romanzo, Marmellata Di Prugne.

L’ho definito capolavoro, perché non ho altri termini per definirlo. E per la prima volta, non ho trovato le parole per descrivere un testo.
Io che sono autore, non ho avuto le parole per descriverlo.

Posso solo riferire, con grande umiltà, che è un romanzo che commuove, che colpisce le corde del cuore con le sue emozioni, che si basa su una storia vera, mischiata con tratti di fantasia.

Parlare con Patrizia e sentire come è nata la storia di Ludmilla, conoscere dalla sua voce, oltre che dalle sue righe, la storia di questa
mia coetanea bielorussa, è stato un vero piacere.

Difficilmente mi spendo tanto per un testo, ma sono convinto che i romanzi contemporanei che meritano vadano promossi e consigliati, per farli uscire  dal mare magnum dell’editoria odierna.

Marmellata di prugne probabilmente ha un titolo poco accattivante, che diventa significativo solo nel leggere la storia, ma trasmette delle emozioni incredibili, si fa portatore di tematiche sociali importanti, esalta il buon cuore dei nostri connazionali, fa superare tempo e spazio per portare il lettore in realtà bielorusse solo lontanamente inimmaginabili.

E’ una poesia in prosa, scritta in prima persona, che oggi potrai sentire narrata dalla stessa voce di Patrizia.

Purtroppo abbiamo potuto registrare solo su skype, ma mi riservo di partire al più presto per Terni e intervistarla di persona, perché questo testo vale più di un’oretta di viaggio. E magari con l’occasione, rivedo anche Raffaella Clementi 😉

Ti lascio alla sesta puntata di Crisalide, disponibile anche su sito di Radiovortice.it, buon ascolto! 😀

Oggi ti regalo il Narcisismo di Casanova

downloadCaro Visitatore,

per il ciclo siamo nani che poggiano sulle spalle di giganti, oggi voglio parlarti di un libro meraviglioso che ho comprato quasi per caso durante l’estate e che può rappresentare l’immagine perfetta del narcisismo.

Si intitola Il ritorno di Casanova, di A. Schnitzler (e per fortuna devo scrivere il cognome, se sentissi i miei tentativi di pronuncia corretta scoppieresti a ridere…).

Titolo originale: Casanovas Heimfahrt. L’edizione in mio possesso è cartacea ed è della Newton e Compton, che lo ha pubblicato in formato economico nel 2005. Come vedrai dall’immagine, la copertina fa un po’ pena, anche perché mostra un Casanova giovane e aitante tra le braccia di una donna… Il contrario di quello che viene presentato nel libro. Superato l’effetto copertina, l’ho acquistato e letto con grande piacere e mi si è aperto un mondo.

Prima notizia importante: se sei iscritto nel mio circolo di lettura, te lo invierò in regalo nella prossima newsletter. Quindi, se abcora non sei iscritto, ti stai perdendo un sacco di regali. Puoi rimediare cliccando qui.

I bei libri vanno sempre regalati agli amici  😉

top_wien_schnitzler_gComincio da qualche informazione sull’autore. Maggiori dettagli li trovi in rete. Schnitzler fu un medico e psichiatria, nato a Vienna nel 1862. Lavorò con uno dei maestri di Freud e, con lo stesso fondatore della psicoanalisi, ebbe un interessantissimo carteggio sulla tematica del doppio. Freud lo definì il suo gemello psichico. Ma il resto te lo lascio scoprire.

In una supervisione di psicoterapia alcuni colleghi mi hanno segnalato un altro suo testo, più famoso, Doppio Sogno. Praticamente è considerato imperdibile, quindi me lo procurerò a breve.

Un po’ di sinossi dalla quarta di copertina (sulla quale, a mio avviso, manca un passaggio importante): Il Casanova di questo racconto rappresenta per Schnitzler il confronto con i temi della vecchiaia, dell’insuccesso e della morte: meschino, pedante, grigio, oppresso dal pensiero di una fine imminente, inesorabilmente diretto sul viale del tramonto, l’antico avventuriero veneziano diventa il simbolo del rifiuto della trasformazione e del passaggio del tempo. Per sedurre la giovane Marcolina, del tutto immune al suo fascino verboso e vanesio, Casanova deve ricorrere a tutta la sua astuzia, dando vita a una fitta rete di tradimenti e menzogne: è la menzogna, infatti, il suo modo di relazionarsi al prossimo e l’unico, ormai, di comunicare nel rapporto erotico.

Cosa non viene detto? Che il Casanova di Schnitzler è il ritratto perfetto del Narcisismo. Una mancanza non indifferente, in un’epoca come la nostra dove il Narcisismo è diventato un pregio più che un disturbo. Sapevi che nell’ultima versione, la quinta, del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali è stato tolto? Non a caso la commissione era composta da tutti uomini: è un po’ la vittoria della seduzione dei narcisi. Anche nelle sedute terapeutiche essi mostrano la parte migliore di sé, tant’è che il terapeuta è portato a pensare che l’altro non soffra di alcuna problematica. È un effetto della loro seduzione, che porta a vederlo come perfetto e a trascurare il fatto che magari è un divoratore di donne e un dipendente dal sesso (cose che nel senso comune piacciono, no?)

Casanova è un signore di 52 anni, Narciso, che ha fatto della menzogna il suo essere. Forse solo la maschera della copertina è davvero azzeccata. Non distingue più quale sia la verità e quale la bugia di ciò che racconta. Fatto sta che mostra sempre e comunque un’immagine grandiosa di Sé e di ciò che è stato.

Già, ciò che è stato. Casanova non accetta più la sua immagine allo specchio: la vecchiaia e l’evidenza di non essere più il  seduttore di una volta, provocano in lui una ferita narcisistica senza eguali. Il buon Giacomo costruisce l’immagine migliore di Sé nel modo di porsi, nell’atteggiamento e persino nel vestiario: è decaduto, ha pochi soldi e due vestiti, ma sa perfettamente quale indossare nel momento migliore, come “sporcare le scarpe di terra in modo da non mostrare che sono consunte”.

Un attore sul palcoscenico, dipendente dalla sua stessa trama, una maschera che deve sempre e comunque mostrarsi perfetta (Citazione dal testo: Casanova sapeva bene che odio e ira sapessero preservare i colori della gioventù meglio di tenerezza e dolcezza)

Ma appare Marcolina, la bella sedicenne che non se lo fila di pezza. Che ha occhi solo per il giovane Lorenzi, che è tutto ciò che Casanova è stato e non è più. Casanova è ossessionato non dalla giovane ma dalla possibilità di non poterla avere. Nonostante le tante donne che ancora cascano ai suoi piedi, egli si distrugge all’idea di non poter avere l’unica che lo rifiuta. Non la ama, la vuole solo possedere per il proprio ego. Per la brama di piacere e il piacere di brama, per citare Schnitzler.

Il Narciso non si accontenta mai di una sola donna, ha un concetto dell’amore come qualcosa di troppo divino e irraggiungibile perché possa esistere una sola creatura che possa soddisfarlo. Ecco perché il Narciso spesso colleziona donne a non finire. Emblematico questo passaggio: Casanova ripensò ancora a quella notte (…) – o a un’altra notte – non sapeva più quale: forse erano cento notti che nel suo ricordo diventavano una, come talvolta cento donne che aveva amate nel ricordo diventavano una, la cui figura enigmatica si librava davanti ai suoi sensi confusi. Ma non erano tutte uguali quelle notti alla fin fine? E le donne?

Tu, Visitatore, ricordi tutte le paia di scarpe che ti sei messo nel corso della tua vita? Ecco, per il Narciso le donne non sono altro che strumenti per confermare l’amore di sé.

E per conquistare Marcolina, Casanova ricorre al più bieco degli inganni, che ti lascerò scoprire. Marcolina è il suo fallimento: non la seduce con la sua critica a Voltaire, non la seduce con un fascino ormai andato che genera solo ribrezzo. Ella è fuori dalla sua portata: solo l’inganno lo può aiutare, convinto che quando proverà il suo amore, la sua passione, ella non potrà più fare a meno di lui. Ma lo sguardo finale della fanciulla che lo scopre ladro nel proprio letto, mostrerà quanto le maschere non possano salvare i Narcisi.

Emblematica la scena in cui Casanova uccide Lorenzi in duello: il sogno della notte successiva gli mostra quanto Lorenzi altro non sia che tutto ciò che egli non è più. Egli si sogna al posto di Lorenzi, vede Sé stesso uccidersi, colpire il ricordo di tutto ciò che non può più essere. E le ferite narcisistiche si sommano, dal momento che Casanova potrà tornare nell’amata e agognata Venezia (da cui è stato esiliato dopo la fuga dai Piombi, chissà quanto realmente epica e quanto no…) solo accettando di diventare una bieca spia del Consiglio dei Dieci. Un’altra botta al suo Narcisismo: la patria non lo accoglie a braccia aperte, ma solo dopo le sue infinite suppliche e volendolo come spia. C’è qualcosa di più umiliante per chi si sente e vuole mostrarsi perfetto e sedurre l’altro, chiunque esso sia, donna o città natale?

Bene, caro Visitatore, potrei ammorbarti ancora un po’ su quanto sia bello questo testo  e quanto non possa mancare alla tua collezione. O consigliarti la lettura di altri testi di Schnitzler o riflettere con te su come oggi la rete permetta ai Narcisisti di mostrarsi sempre e comunque, tentando di sedurre l’altro, o quanto del Narciso ci sia in ciascuno di noi e in che misura… Ma ti risparmio 😉

Ti ricordo solo che lunedì attraverso mia newsletter ti regalerò questo splendido romanzo. 🙂

Buon tutto!

GGB

Un capolavoro: Marmellata di prugne, di Patrizia Fortunati.

9788862541305 (1)Caro Visitatore,

qualche tempo fa Patrizia Fortunati mi ha regalato in e-book  il suo romanzo, Marmellata di Prugne, edito da Ali&No. Quando lo avevo scovato nei libri da recensire del Libro del Martedì, mi aveva incuriosito la trama.

Se ho un pregio, è quello di fiutare i libri che val la pena di leggere e non mi sono sbagliato neanche questa volta. Ho chiesto a Patrizia se poteva inviarmelo, scoprendo una piccola perla che a mio avviso non può mancare nella tua libreria.

Patrizia era curiosa di avere una valutazione maschile. Chissà, forse lo considera un romanzo al femminile, io credo sia per tutti, per chi soprattutto è pronto ad aprire il suo cuore a un investimento di emozioni reali, capaci di toccarti la punta più profonda del cuore.

È la storia di Ludmilla, nata in Bielorussia nel 1986 (mia coetanea, quasi) che a novant’anni si ritrova a ripercorrere la sua vita, a sciogliere i nodi che ha legato, a fare pace con sé stessa, a rimproverarsi e a perdonarsi delle sue mancanze. Un vero e proprio bilancio di un’esistenza in buona parte sfortunata, ma densa di insegnamenti di vita.

Capirai bene che realtà e fantasia vanno a intrecciarsi: una donna nata nel 1986 può avere novanta anni solo in un futuro lontano, rispetto ad oggi. Nella prefazione al testo leggerai che realtà e fantasia sono ben bilanciate tra loro, io non credo sia così: nel corso della lettura i sentimenti si fanno così vivi e toccanti, che scorderai completamente la parte fantasiosa.

Il talento di Patrizia è indiscutibile, come lo è la sua capacità di empatia, il suo mettersi nei panni di una bambina bielorussa, come di una novantenne, e il suo contemporaneo saper trasmettere le emozioni al lettore, a tal punto che non riuscirai a staccare gli occhi dalle sue parole: io l’ho terminato in due giorni, perché per la prima volta (e sai bene quanto leggo) ho trovato un libro capace non di legare a sé solo la tua attenzione, ma il tuo cuore. Una storia già di per sé toccante, si trasforma in poesia grazie al talento di Patrizia, fino a diventare un vero e proprio inno alla vita.

Sullo sfondo il disastro di Chernobyl, che diviene salvezza per Ludmilla, perché la porta a trascorrere dieci estati in Italia, come cura dalle radiazioni. Conoscerà una realtà completamente diversa dalla sua, capace di insegnarle tanto, grazie all’affetto dei suoi italiani (anzi, dei miei italiani, visto che è tutto scritto in prima persona). E da lettore, sarai tu stesso a conoscere una realtà completamente diversa dalla tua, dura da capire e da digerire, realtà che io ho incontrato in parte nei racconti e negli occhi della mia ragazza albanese (forse anche per questo mi è piaciuto tanto) e toccando con mano alcune realtà dell’est Europa.

È una storia di incontro culturale, di sentimento, di vita. È a pieno titolo un romanzo di formazione, che potrebbe tranquillamente essere inserito tra le letture scolastiche: insegnerebbe davvero tanto ai giovani italiani, li aiuterebbe a capire mondi lontani dai loro e ad apprezzare la loro cultura e l’impegno umano e sociale di tanti nostri connazionali. E qui viene la parte reale del romanzo, perché esistono realmente associazioni che stanno salvando la vita di tanti giovani bielorussi coinvolti dalle radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl e, come scoprirai dalla lettura, stanno probabilmente donando anche di più.

Io mi fermo qui in questa valutazione, perché ammetto di non riuscire a trovare le parole per esprimere la bellezza di questo testo. Se hai già avuto modo di leggere il mio blog, saprai che sono autore anche io, e di fronte a un capolavoro non ho problemi ad ammettere di non riuscire a trovare le parole giuste, perché ho addirittura timore di sminuire il testo stesso.

Posso solo dirti: leggilo! (e non è un consiglio, ma un imperativo categorico), perché è un testo che non ha bisogno di recensioni positive, sa parlare bene di sé da solo e soprattutto sa parlarti, toccando le corde più profonde del tuo animo, emozionandoti, commuovendoti e facendoti riflettere.

Brava Patrizia, ti auguro ogni successo possibile: perché più Marmellata di Prugne avrà successo, più ci saranno persone toccate nel profondo del cuore.

Nel leggerlo sono cresciuto tanto, e lo devo a te, al talento del tuo scrivere e quella tua enorme empatia, che mi ha mi permesso di vivere la Bielorussia e le sue fragilità.

Oggi ho scoperto un capolavoro.

GGB