La mia recensione a “Prima che cali il silenzio”, di Laura Scanu

copCaro Visitatore,

La scrittrice Giovanna Albi mi ha insegnato un detto, un libro che ti lascia come ti ha trovato non è un libro. Modificando leggermente questo detto, possiamo dire che un libro che ti apre varie riflessioni è un ottimo libro.

Ed è così che si presenta Prima che cali il silenzio, romanzo breve di Laura Scanu. La tematica, così come la pre e post fazione, a cura rispettivamente della dott.ssa Anna Maria Pilozzi, dell’associazione la Caramella buona e di Annabella Stella Buonocore, è quanto mai interessante. Si tratta di un caso di pedofilia.

La novità è nel punto di vista della narrazione, perché l’autrice si cala nei panni del pedofilo, per poi passare in quelli della moglie e della loro figlia (che si intuisce essere una delle vittime degli abusi).

Una visione a 360 gradi, che non si espone a condanne né vittimizza o giustifica il carnefice, che narra i fatti, colpevolizzando quel drago interiore (figura tratta da un preciso e apprezzabile riferimento biblico al libro dell’Apocalisse) che scatena il desiderio malato di possedere delle minorenni, che ancora non hanno raggiunto la pubertà.

Il testo è di facile lettura, breve e intenso, con un linguaggio accurato (anche se andrebbe rivista in alcun punti la spaziatura tra i virgolettati dei dialoghi).

Laura Scanu ha il pregio di consegnare al lettore un prodotto di estrema riflessione e di farlo in pochissime pagine, con una modalità che ricorda una poesia in prosa.

Gli accostamenti biblici con il drago dell’Apocalisse sono di vero pregio, creando una metafora del male davvero forte e di alto livello culturale. Non è facile vestire i panni di un pedofilo che parla di sé e non lo è provare a farli indossare al lettore.

Laura dimostra una grande capacità di impersonificazione in un diverso da lei, che viene tratteggiato dal senso comune come il male assoluto, che è di sesso maschile, che è un sofferente, che è condannato, giustamente, dalla società.

Laura Scanu non condanna né giustifica e non richiede al lettore nessuna delle due cose. Chiede di prendere contatto con il pedofilo, ascoltarlo, capire a fondo la sofferenza di un disturbo sessuale che ha come vittime i bambini ma anche sé stesso. Chiede di ascoltare i familiari del pedofilo, chiede di ascoltare la vittima. Il giudizio è lasciato al lettore, ma di certo le prospettive che Laura offre in poche pagine sono ottime e indubbio è il suo talento, palpabile nelle righe che ti scorrono uno dietro l’altra sotto gli occhi.

E’ un uomo qualunque il protagonista della vicenda, ha una casa, un lavoro, una figlia. Questa situazione di apparente normalità è richiamata nella postfazione di Annabella Stella Buonocore, perché il pericolo per le giovani vittime e le loro famiglie nasce proprio dal fatto che il pedofilo ha in genere una vita normalissima. Non ha tratti distintivi, segni di riconoscimento, spesso è il vicino di casa, il genitore del compagno di banco del figlio. Spesso vive all’interno della stessa famiglia della vittima.

A completamento dell’opera, nella postfazione sono brevemente riportati dei dati sulla pedofilia e sulle normative vigenti a livello nazionale e internazionale.

C’è però una mancanza, che da psicologo della salute non riesco a ignorare. È un’assenza che leggo anche nel nostro Paese: non è fatto cenno a come si possa prevenire la pedofilia. Non si tratta solo di prevenire il reato, di riconoscere unicamente i casi a rischio o “il potenziale pedofilo”: spesso si etichetta il colpevole come pedofilo e il bambino come vittima, quando è troppo tardi, quando l’abuso si è già drammaticamente in toto o in parte consumato. Più rari i casi in cui ci si accorge in tempo della  possibilità di un reato e, se lì si è salvato il bambino dall’essere vittima, si ha comunque un pedofilo.

La prevenzione a cui mi riferisco è a monte, impedire l’insorgere di questo disturbo che appartiene sì alla sfera sessuale, ma a mio avviso anche a quella sociale. Che lavoro si può fare a livello di prevenzione della patologia? Quanto sarebbe bene riuscire a operare tramite l’educazione alla socio-affettività nei contesti scolastici di vario ordine e grado, che come sappiamo pensano tanto alla ragione e poco e niente alle emozioni, alla socievolezza, all’affettività propria e altrui?

Quante vittime di questa patologia salveremmo se insegnassimo come comprendere cosa pensa e prova l’altro e cosa pensiamo e proviamo noi stessi?

Quando in Italia impareremo il valore della prevenzione, a discapito della mera cura?

Si sarà capito che sono palesemente contrario alla soluzione della castrazione chimica, promossa da qualche esponente politico e da qualche cittadino, rimasto probabilmente a un livello intellettivo ed emotivo di tradizione medioevale. Sono per la prevenzione, che implica un ragionamento sulla società, sui minori e anche sul pedofilo (e Laura mi dona in tal senso un’ottima finestra di osservazione).

Spero di scrivere qualcosa di più approfondito in merito a questo argomento, aspettando un’opinione, anche in privato, di chi leggerà questa recensione e ovviamente di Laura Scanu, a cui vanno tutti i miei complimenti per questo ottimo testo.

GGB

2 thoughts on “La mia recensione a “Prima che cali il silenzio”, di Laura Scanu

  1. Bellissima recensione, mi complimento e ringrazio con una solo appunto: non si usa più mettere accanto il titolo e il nome dell’autore, la casa editrice di pubblicazione? In questo caso Laura Capone Editore, Milano copyright 2012

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